Oltre l'interdipendenza

Un amore tra diversi

In un altro film, La migliore offerta (2013), scritto e diretto da Giuseppe Tornatore, si prospetta ancora, almeno apparentemente, la possibilità di amore tra diversi, anzi, in questo caso proprio tra due che sembrano essere assolutamente incompatibili tra loro.

Lui, Virgil, anziano battitore d’asta, non esce mai di casa senza indossare un paio di guanti, dei quali ha una collezione sterminata, frappone sempre un fazzoletto tra il suo orecchio e il telefono, vive da solo in una grande e lussuosa casa, non ha mai avuto alcuna relazione con una donna.
Però, e non a caso proprio dietro l’armadio che contiene tutti i suoi guanti, Virgil ha una stanza segreta, in cui conserva tre intere pareti di quadri che rappresentano esclusivamente ritratti femminili, stanza nella quale ogni tanto si ritira in contemplazione di questi ideali di un femminile con il quale nella vita reale non ha mai avuto il coraggio di sperimentare alcun tipo di rapporto.

Lei, Claire, giovane e ricchissima ereditiera, non esce mai da un appartamento segreto al centro di una enorme villa in decadenza, ma piena di oggetti preziosi, in quanto soffre di una forma gravissima di agorafobia da quando, all’età di quindici anni, è stata abbandonata dal suo primo amore.

Claire ingaggia Virgil per valutare il contenuto della sua villa-prigione e, man mano che il loro rapporto, dapprima burrascoso, poi sempre più improntato alla curiosità reciproca, si intensifica, si capisce che l’uomo che non vuole toccare alcunché e che vuol vedere il femminile solo in effige e la donna che non vuole essere né vista né toccata, in altre parole l’uomo che non vuole relazionarsi alla donna come un oggetto e la donna che non vuole che nessuno si relazioni a lei come un oggetto, lungi dall’essere assolutamente incompatibili, sono invece fatti proprio l’uno per l’altra.

E ciò avviene venendosi pian piano incontro a vicenda, abbandonando a poco a poco i loro reciproci atteggiamenti di chiusura, cambiando passo passo se stessi per amore dell’altro, aprendosi a confidenze del loro passato per meglio conoscersi.

Claire per amore di Virgil esce dal suo appartamento prigione da cui non usciva da 12 anni e si fa vedere da lui, cena con lui, esce addirittura dalla villa e va ad abitare con lui.

Virgil per amore di Claire non si tinge più i capelli, non indossa più i guanti in ogni occasione, le porta fiori e le prepara la cena.

Virgil e Claire finiscono così per innamorarsi, sicché, in una scena bellissima, per la prima volta lui dorme con una donna, con lei, e resta tutta la notte a contemplarla, a contemplare quindi finalmente una donna reale, Claire appunto, invece della sua collezione di ritratti.

Infine Virgil non tiene più tutta per sé la stanza segreta delle sue donne ideali e irreali, ma per la prima volta ha il coraggio di mostrarla al suo nuovo amore, in una scena che, se fosse stata l’ultima del film, gli avrebbe dato quel senso che invece un colpo di scena finale, non anticipato da alcun indizio e quindi gratuitamente inaspettato, lo rivolta in negativo e presenta la storia di amore non convenzionale e di avvicinamento reciproco di due persone apparentemente incompatibili come un’illusione e un inganno.

C’è da dire però che, anche prima del finale così inaspettatamente deludente del film, il rapporto tra Virgil e Claire non è completamente risolto, in quanto i due non riescono a rinunciare, per amore della loro nuova relazione, a quanto per ciascuno di essi aveva rappresentato da una parte ciò che li divideva, ma dall’altra ciò che costituiva la loro stessa identità prima di conoscersi e riconoscersi: i quadri per Virgil e la casa-prigione per Claire.

5 pensieri riguardo “Un amore tra diversi

  1. Caro Max, la lucida e lineare narrazione che hai fatto dei contenuti del film mi ha molto sorpreso perchè in realtà io avrei descritto una cornice diversa. Ho visto quel film con molta attenzione anche perchè l’attore che interpreta il protagonista lo considero formidabile, e in una veste insolita, ne avevo apprezzato la grandezza nel suo “Discorso del Re” e in “Quilly, la penna dello scandalo”. In questo film ultimo citato interpretava proprio i panni di un immaginario De Sade , che in realtà amava profondamente la sua creatura che era appunto la cameriera di cui effettivamente era preso nella sua vita reale, anche lì l’amore implicava il bisogno di una ricerca di intersoggettività, profondo dialogo e ascolto, tanto è vero che nel film lui non comprende di amarla ma lo esperisce perchè rinuncia a “sfiorarla”, nel corso della storia di cui parliamo i due personaggi si fanno simili. Tu hai scritto che sono due creature apparentemente lontane , ma a parte l’età, loro sono molto simili perchè entrambi intrappolati nelle loro fobie e nei rituali e non vogliono cambiare una virgola di ciò che rappresenta la loro vita, quindi in realtà di identificano uno con l’altro, che sia poi un espediente per la donna e per i suoi presunti complici per irretirlo e impadronirsi dunque della sua fantastica collezione della stanza segreta è un discorso lasciato in sospeso. Forse in quel caso le stesse fobie e gli stessi limiti sono da un lato margine invalicabile e disfunzionale ma al tempo stesso varco per l’evoluzione e il superamento dell’egoicità, aspetto connaturato e insito in tutte le nevrosi come una sorta di speranza e paradosso ,come ci insegna tutta la psicoanalisi più evoluta, la Logica unitaria dunque Silvia. Io , nel corso della visione del film , avevo sentito che ci sarebbe stato un finale del genere, anche se in realtà, la scena finale non è cosi poi deludente, perchè lui resta in quel locale, che aveva suggellato il loro amore, ad “aspettarla”, è per me una scena meravigliosa anche se può sembrare folle, lui che trasforma il suo attaccamento alle opere preziose in un’attesa dolcissima. In quel momento a lui delle opere d’arte cosi subdolamente sottratte ormai non interessa più nulla, ma è lei, (e se stesso) , il Soggetto da ricercare. Anche se sembra aver fallito il suo sogno, in realtà non ha fallito, anzi nel film c’è quasi un punto interrogativo: e se poi lei comprende e arriva da lui? Inoltre lui ha abbandonato ogni difesa e si è sganciato dal materialismo e dal senso di possesso e capitalismo ossessivo, superando pure le sue ossessioni igienistiche. E’ lui che ha fatto un passo avanti enorme nello spirito, e nell’assoluta ricerca dell’intersoggettività, ancora inconsapevole , come lo è in tantissime persone, pur rischiando la pazzia. I film d’amore mettono in luce il fatto che quasi sempre la ricerca dell’intersoggettività è destinata alla relazione carnale, come luogo privilegiato. E il fatto che sia la relazione carnale l’ unica cornice in cui ” ci si insabbia e ci si arena” nel rapporto d’amore e si svolgono i drammi d’amore, è confermato dalla continua ricerca del maschile ma anche del femminile , di ideali di bellezza giovanile o di sensualità. E invece la visione del Pensiero può allargarsi a dismisura.
    Un abbraccio profondo.

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    1. Grazie, Maria Loredana! E’ vero che Virgil ha fatto un passo avanti verso l’intersoggettività, avendo compreso a cosa mirava la sua nevrosi: giungere a relazionarsi alla donna non come oggetto ma come altro soggetto. Inoltre la scena, che tu giustamente ricordi, di lui che la aspetta nel fiabesco ristorante degli orologi può indicare che lui ha imparato una nuova modalità di amare ed aspetta di viverla ancora con chi gliela intenzionerà nuovamente.
      Ma Claire? Che ne è di Claire? La sua agorafobia era reale o solo una finzione allo scopo di ingannare Virgil? E la loro relazione? Che ne è della loro relazione? Che secondo me era importante, soprattutto per lui, passasse attraverso il sesso, ma alla quale il film non dà il tempo per evolversi.
      Secondo me il film suggerisce soltanto la possibilità per due persone di andare insieme oltre le loro nevrosi e di proseguire insieme sulla strada del riconoscimento reciproco come Soggetti.

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      1. Sì, è vero, la vera pietra miliare di ogni relazione autentica è proprio il riconoscimento reciproco, il film lascia volutamente molti sospesi.
        Spesso sono solo dei brandelli di storia e la comune identità nelle paure nevrotiche a far ristagnare qualsiasi tipo di unione . Richiamandoci all’intersoggettività da realizzare in ogni incontro, compreso quello analitico, Silvia ripeteva sempre che solo l’emancipazione dall’identità personale consentiva una vera relazione non di dipendenza. E per trascendere l’identità personale e riconoscersi come soggetto universale di pensiero bisognava appartenere a una nuova razza umana, è questa la difficoltà maggiore, comprendere che spesso una tale capacità di amare e svincolarsi al tempo stesso dalla necessità della reciprocità richiede un allenamento titanico di superamento delle miserie umane. Molti di noi sono in quel fiabesco ristorante degli orologi in compagnia del caro Virgil , riconosco quel suo vuoto, l’ho condiviso più volte nella mia vita e penso lo sia nella vita di molti, lì, (Virgil è nome paradigmatico) ad attendere l’Altro, aldilà di qualsiasi figura , o connotazione, che sia un rapporto di amicizia o erotico o romantico. L’amore non credo sia qualcosa di ottuso ed esclusivo, altrimenti si ricasca nelle solite dinamiche distruttive. Virgil si accorgerebbe in quel caso che ci sono tante altre persone capaci di amarlo, magari meno interessanti esteriormente ma altrettanto profonde. E poi chi era Claire?’ Un’ingannatrice o un’eterna tormentata ed egocentrica cronica? Magari nessuna delle due cose, in ogni caso in fuga con qualche giovanotto che esercita la sua arte amorosa ,con lei , e di cui lei ha perso la testa, in un gioco infernale e ripetitivo. Nessuno dei due è comunque un freddo calcolatore. Comunque vale in ogni caso , seppure dettata dalla ragione e la comprensione e il rispetto, la meravigliosa indicazione di Silvia Montefoschi nell’intervista di Paolo Cozzaglio e esplicitata in pieno nella sua vita: tutto sommato è molto meglio amare che essere amati, perchè ad essere amati non si prova niente , si è solo oggetti. Occorre la reciprocità, è vero, però la si raggiunge dove meno ce lo aspettiamo, e poi se siamo sopravvissuti da bambini piccolissimi, vuol dire che qualcuno , che in genere è la madre, ci ha amato, o magari siamo amati in altri universi e sicuramente dalla Vita. Un abbraccio forte Max, grazie

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  2. Grazie, Maria Loredana, davvero bello e commovente. L’unica cosa che possiamo fare è aspettare l’Altro in cui riconoscere il nostro stesso interlocutore interiore, ma amando, amando sempre l’altro Soggetto amante

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